venerdì 20 gennaio 2012

Monte Catria – Monte Cucco. Sunday bloody Sunday.


Con l’arrivo dell’estate anche “le montagne di roma” decide di varcare gli angusti confini del Grande Raccordo Anulare per scoprire nuovi sentieri e impervie salite. Scartata l’ipotesi di un tour negli 8.000 asiatici (stimolanti ma alla lunga noiosi), escluso il visto e rivisto treeking nell’alto-atlante marocchino,evitati come la peste i “romani con il bastone” (cit. smuggler) che devastano le Alpi decido infine di percorrere la sempre affascinante Via Flaminia.

Arrivo così alle 10 a.m. circa di un fresco 14 agosto 2011 (temperatura media che si attesta intorno ai 46°) in località Valdorbia, una delle pendici umbre del Monte Catria. Prendo un caffè,riempio d’acqua bollente la borraccia e mi incammino.Prima però comunico le ultime disposizioni testamentarie al mio notaio visto l’ambizioso progetto messo in essere: raggiungere prima il Corno e poi la vetta del monte passando per la scopertissima, temutissima, insidiosissima et infamissima Cresta del Catria,meglio conosciuta come la Pearl Harbor dell’escursionismo. Il grado di difficoltà segnalato è EE (comincio comunque a farmi un idea del livello di approssimazione di questa classificazione: si passa dalle scale del mio condomino ai più inespugnabili contrafforti andini) mentre la descrizione dell’itinerario sul sito del parco si limita a raccomandare di “utilizzare massima prudenza e percorrerlo solo in condizioni climatiche ideali: assenza di vento, piogge e soprattutto nebbia e foschia “.Penso alla pioggia, alla nebbia e alla foschia mentre cammino e il sole incendia con perfidia tutto quello di infiammabile che indosso. Passeggio nel bosco cercando l’amica ombra ma la magia dura poco. Gli alberi finiscono e con malinconia osservo a sinistra la mia meta:



Accelero il passo lungo il sentiero N.29 e in pochi minuti raggiungo il bivio per Isola Fossara:qui si gira a sinistra, la salita è faticosa. Il verde si fa sempre più rado e superata una striscia di ginepri iniziano a materializzarsi le milionarie rocce calcaree:è il segnale che mi sto avvinando alla temibile Cresta che raggiungo in 15-20 minuti. Inizialmente passeggiare su questo corridoio di sassi con un abisso di circa 900 metri da entrambi i lati è quasi piacevole:il percorso è discretamente largo, il dislivello inesistente e i passaggi mai impegnativi. Maledico la mia ansia e le mie preoccupazioni mentre inizio a programmare la distruzione del panino al roast beef sulla vetta. Dopo un paio di minuti però chiamo mamma e l’avverto che farò tardi per cena:il corridoio spazioso si trasforma in uno stretto filo sospeso a strapiombo e la posizione eretta si fa rara perché il più delle volte avanzo a quattro zampe. Mi faccio comunque coraggio, supero un paio di punti critici e rinfrancato giungo di fronte a questo simpatico stacco:



Ora osservando questa roccia comodamente seduti di fronte al vostro fiammante Apple mentre consumate un delizioso Cosmopolitan preparato da Michele del bar Palombini immagino possiate pensare che scalarla sia cosa semplice. In loco la questione è più complessa, i dubbi mi assalgono, in un impeto di virilità mi avvento sulla nuda pietra ma a circa metà del passaggio faccio l’enorme cazzata di pensare a come scenderò al ritorno. Mi accuccio un po’ agitato su un sasso spazioso , i volti sorridenti dei miei figli mi schizzano davanti agli occhi, rifletto, e infine mi convinco che il roast beef di mia nonna non si guasta anche se mangiato qualche centinaio di metri più sotto. La sconfitta è consumata, dignitosamente giro le chiappe mentre un’aquila che vola in alto sembra urlarmi “hai fatto bene!!!!!!”.

L’amaro in bocca lasciatomi dalla passeggiata non scalfisce però la mia fame di boschi e montagne. Mi dirigo così verso il vicino Parco del Monte Cucco anche conosciuto come casa mia dove ho intenzione di campeggiare nell’amena località di Val di Ranco. Nonostante la forte affluenza di feccia umana (inizialmente penso alla presenza del Papa, poi rammento che è il 14 agosto)ritrovo luoghi molto amati: il silenzioso Monte Culumeo, l’incantata faggeta sotto il Pian delle Macinare, la pace della Fonte dell’acqua Fredda. Pianto la tenda e decido di andarmi a godere il tramonto al Decollo sud, una piccola pianura da cui si lanciano gli appassionati di deltaplano. Si tratta di un piccolo esercito che invade il Parco nei mesi estivi composto in maggioranza da francesi, tedeschi e olandesi che fino a ieri ignoravo educatamente;una piccola passeggiata nella vicina radura mi fa però scoprire che questi portatori di civiltà nord-europea e possessori di debito pubblico AAA+ non amano la mia montagna: il bosco dove vanno a cagare è un vasto tappeto di fazzoletti e altri rifiuti. Da oggi mi ritengo in guerra con loro e sbraitando mi allontano. L’unico sveglio che sembra capirmi è lui:




Seppellisco l’incazzatura sotto un supremo piatto di passatelli ai funghi e una bistecca di maiale dal buon Tobia (http://www.albergomontecucco.it/) , storico ristoratore di Val di Ranco. L’intenzione sarebbe quella di collassare meritatamente in tenda ma i balli, i fuochi e le chiacchiere dei giovani vicini mi catturano simpaticamente fino alle quattro del mattino.
E’ l’alba quando riparto.


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