martedì 17 gennaio 2012

Sul Monte Nuria. La discesa.


In cima al Nuria, a 1.888 metri, si sta comodi. Un po’ di sole benedice l’armonia, io l’aiuto con una merenda da vero gourmet: arance,biscotti secchi e un goccio di Vodka. Intorno a me c’è più o meno questo:



Passeggio, respiro, osservo ogni particolare, succhio la neve che con qualche chiazza resiste ostinata alla primavera. Ci sarebbe la possibilità, con una mezz’ora di camminata sulla cresta, di raggiungere il Colle della Fungara che osserva il Nuria a poca distanza. Ci sarebbe appunto, ma la mia testa è oramai irrimediabilmente popolata da orrendi demoni: bruschette ai funghi porcini mi invitano a seguirle,tagliatelle al sugo che come vere e proprie sirene mi salutano con sguardo malizioso, fiaschi di vino rosso che mi sussurrano “o ci prendi ora o non ci avrai mai più”. Ad occhio e croce deduco che è l’ora di tornare al campo base (la sanguinolenta macchina).

Scendendo dal monte cala in maniera proporzionale anche il livello di tensione psico-fisica relativa alle energie da sforzo aerobico d’alta quota in un setting ambientale climatico medio -buono: in altre parole mi addobbo 3 o 4 volte percorrendo l’amata faggeta, fortunatamente senza ammaccarmi seriamente.

Rispetto alla salita il bosco è più animato: canti, latrati in lontananza, bidoni di vernice arancione che si materializzano dietro tronchi d’albero (giuro). Ripercorro l’itinerario dell’andata felice e  valutando negativamente i l precedente eccesso di severità verso il Lago di Rascino a cui dedico questa defilata foto:



Trotterello verso la macchina lontana che mi appare inarrivabile, chiedendomi come abbia fatto( e soprattutto perché) a frapporre così tanta distanza tra lei e il mio culo. Giunto al bagagliaio opero una veloce toletta più cambio d’abito suscitando gli sguardi allarmati degli indigeni che si chiedono cosa faccia un uomo distrutto in mutande sul Piano. Io comunque non mi scompongo, accendo stereo e sigaretta e sgommo via veloce: direzione Torano dove, tramite una fumosa e vaga telefonata della sera prima, mi dovrebbe essere stato riservato un tavolo presso la prestigiosa “Taverna dei Briganti”.

Percorro in qualche minuto quella ventina di chilometri che mi separano dalle posate. Entro e con occhi da cucciolo di panda improvvisamente scaraventato nel cuore di un incrocio di Mumbai chiedo se qualcuno ha memoria della suddetta conversazione. Mi viene con simpatia (e malcelata compassione) indicato un grazioso tavolino apparecchiato per una persona. Ci sprofondo e assumo lo stesso sguardo soddisfatto che deve aver avuto Anna Nicole Smith (r.i.p.) il giorno delle nozze con il miliardario texano.

Il ristorante che mi ospita, cito dal sito http://www.tavernabriganti.it/, nasce da una intuizione di Stefano Franchi che ha voluto valorizzare e riproporre in chiave moderna le antiche ricette della tradizione culinaria del Cicolano e delle zone limitrofe. Nel locale è stata ricreata l'atmosfera tipica che si respirava un tempo nelle case delle famiglie del Cicolano: semplicità, simpatia e qualità dei cibi rendono unico questo posto.     
Il tutto è perfettamente riuscito. Consumo ciò che mi viene proposto evitando eccessi e ricordando sempre che la moderazione e l’astinenza rappresentano virtù irrinunciabili per l’uomo che tende alla saggezza; in ordine sparso: mezzo litro di Reale alla spina del Birrificio del Borgo (è a pochi passi), affettati, olive, carciofini, coratella, una ricotta dio esiste e vive a Borgorose,mezzo litro di rosso,cotiche coi fagioli, zucchine, salsicce di fegato e non, arrosticini, un litro d’acqua,bistecchine, cicoria, dolce, grappa. Al termine di questo frugale spuntino mi chiedo se sia eticamente corretto ordinare un caffè:ne discuto con un simpatico vicino di tavola il quale conviene che non sarebbe cortese verso il ristoratore non assaggiarne.   
        

Sbrigate le non impegnative formalità di cassa abbraccio tutti i presenti, saluto e me ne  vado non prima di aver ritirato il preziosissimo doggy bag (Michelle Obama non sei nessuno).In un prato limitrofo faccio mangiare anche l’affamata Kira che sembrerebbe aver apprezzato la tradizione del Cicolano:



La gita è finita,si torna a casa a sfogliare l’atlante.         
 

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