sabato 18 febbraio 2012

Làska



Kira al Monte Terminillo


Entrata di corsa nella palude, immediatamente, fra gli odori a lei noti delle radici, delle erbe palustri, della ruggine, e il lezzo estraneo dello sterco dei cavalli, Làska sentì l’odore, sparso per tutto quel luogo, della selvaggina, l’odore che più di tutti gli altri, l’agitava. Qua e là, per il muschio e le bardane palustri quest’odore era assai forte, ma non si poteva stabilire in quale direzione si rafforzasse oppure si indebolisse. Per trovare la direzione bisognava andare più lontano, sottovento. Senza sentire il movimento delle proprie zampe, con un galoppo teso, tale che a ogni balzo avrebbe potuto fermarsi se si fosse presentata la necessità, Làska corse a destra, lontano dal venticello antelucano  che soffiava da oriente, e si voltò verso il vento. Aspirata l’aria con le narici dilatate, sentì subito che non soltanto le tracce, ma loro erano lì, davanti a lei, e non una, bensì molte. Làska diminuì la velocità della corsa. Loro erano lì, ma dove esattamente lei non lo sapeva ancora con precisione. Per trovare proprio il posto, aveva già cominciato un giro, quando a un tratto la voce del padrone la distrasse. “Làska! Qui!” disse il padrone, indicandole l’altra parte. Lei stette un po’ ferma, domandandogli se non fosse meglio fare come lei aveva cominciato. Ma lui ribadì l’ordine con una voce arrabbiata, indicando un gruppo di rialzi nel terreno semisommersi dall’acqua, dove non poteva esserci nulla. Lei gli obbedì, fingendo di cercare per fargli piacere, si trascinò per tutto l’ammasso di monticelli e ritornò al posto di prima ed ecco che subito li sentì nuovamente. Adesso che lui non la disturbava, sapeva che cosa fare, e senza guardarsi sotto le zampe cominciò un giro che doveva rivelarle il punto preciso. Il loro odore la colpiva sempre più forte, più forte e più netto e, a un tratto, fu certa che una di loro era lì, dietro quel monticello, cinque passai davanti a lei; si fermò e si irrigidì con tutto il corpo. Con le sue zampe corte non poteva veder nulla davanti a sé, ma sapeva dall’odore che “essa” era posata lì, a non più di cinque passi. E continuava a star ferma, sentendola sempre più e godendo dell’aspettativa. La sua coda tesa era allungata e tremava soltanto proprio sulla punta. La sua bocca era leggermente aperta, le orecchie sollevate. Un’orecchia le si era rovesciata già durante la corsa, e lei respirava in modo pesante ma cauto, e ancor più cautamente si voltò più con gli occhi che con la testa verso il padrone. Lui, con la faccia alla quale era abituata, ma sempre con gli occhi terribili, camminava inciampando per i monticelli in modo che a lei sembrasse straordinariamente lento. Le sembrava che lui camminasse lentamente, invece correva.
“Cerca, cerca” gridò Lèvin spingendo Làska nelle terga.
“Ma io non posso andare” pensava Làska. “Dove vado?Di qui le sento ma se mi muovo in avanti, non capirò più niente, né dove sono né cosa sono. ”
Ma ecco che lui la spinse con un ginocchio e con un bisbiglio agitato proferì:  “Cerca, Làska, cerca”.
“Ebbene, se lui lo vuole, lo farò, ma ormai non rispondo  più di me,” pensò lei e si lanciò in avanti fra i monticelli a gambe levate. Adesso ormai non fiutava più nulla e vedeva e sentiva soltanto, senza rendersi conto di nulla.
Lev Tolstoj – Anna Karenina

mercoledì 8 febbraio 2012

Imparerai.


(…)potrai andare molto più lontano di quello che avresti pensato quando credevi di non farcela.
William Shakespeare